giovedì 22 marzo 2007

Legge elettorale, il governo: "Forza Italia non vuole un accordo"

«Berlusconi vuole far saltare tutto». Dopo l’incontro di ieri con i capigruppo di Forza Italia, il governo è convinto che Forza Italia voglia impedire ogni forma di dialogo con il centrodestra o con una parte di esso (Lega e Udc). Per questo motivo - è la convinzione del ministro Chiti - mette i bastoni tra le ruote al confronto sulle riforme costituzionali ed elettorale e pratica un duro ostruzionismo sulle liberalizzazioni.

A Palazzo Chigi sono convinti che Silvio Berlusconi stia tentando di bruciare i ponti tra maggioranza e opposizione perché teme una fase distensiva: i centristi di Casini e i leghisti di Bossi potrebbero rendere più facile la vita a Prodi proprio per non pregiudicare il confronto sulle riforme. E questo, in piena campagna elettorale per le Amministrative che il Cavaliere intende fortemente politicizzare, non deve avvenire. Ma questo atteggiamento di Fi ha irritato molto Lega e Udc che invece hanno mostrato grande disponibilità al confronto sulle riforme. A complicare i rapporti con l’Udc ci ha pensato pure Marcello Pera secondo il quale il modello tedesco caldeggiato da Casini ha un unico obiettivo: «Liberarsi di Berlusconi»

Per il ministro Vannino Chiti, Fi ha un atteggiamento «inaccettabile», in quanto propone di fare poche modifiche alla legge elettorale e di andare subito al voto. Ecco la ragione delle scintille che sono volate dopo l’incontro tra Prodi, Chiti, Schifani ed Elio Vito, nelle ore successive. «Se si realizza la riforma della legge elettorale a soli dieci mesi dall’inizio della legislatura - aveva osservato Schifani - vuol dire che questa riforma serve per garantire la governabilità, quindi bisogna tornare al più presto alle urne». A elezioni anticipate, aveva precisato Vito, si potrebbe andare in tempi brevi, dato che basta introdurre il premio di maggioranza su base nazionale anche per il Senato e uno sbarramento al 5%. No invece alle modifiche costituzionali: richiederebbero almeno due anni.

Una posizione che ha provocato la reazione di Chiti. «Non mi convince che si dica che, se c’è intesa sulla nuova legge elettorale, si realizza e poi si va di corsa al voto: questa non può essere una base seria per un accordo. La condizione che poi si sciolgano le Camere non è accettabile». A stretto giro di agenzie gli ha risposto Schifani, il quale ha precisato che nel corso dell’incontro con il presidente del Consiglio non c’è stato «l’aut aut di cui parla il ministro Chiti sulla indispensabilità del ricorso al voto dopo la riforma della legge elettorale». E’ stato un «pacato confronto», sono state illustrate le proposte di Fi. Il resto, ha aggiunto Schifani, «fa parte di altre riflessioni politiche». Macché, per il parisiano Franco Monaco la verità è che Fi «non vuole fare nulla»: «Ma se per il suo autore prima e per giudizio unanime poi, è una porcata, come può Fi proporre solo ritocchi ai margini alla legge elettorale? In questo quadro, si fa prezioso il pungolo del referendum».

Prodi vuole andare avanti con gli incontri e verificare se Fi rimarrà isolata rispetto a Udc e Lega. Ma il premier ha un problema con Verdi, Prc, Pdci e Udeur, che temono di essere tagliati fuori da un accordo Ds-Margherita. «Vorremmo che Prodi ci incontrasse tutti insieme, come Unione», ha chiesto Gennaro Migliore, capogruppo del Prc alla Camera. Le consultazioni con la maggioranza, previste per oggi, slitteranno a causa della fiducia sulle liberalizzazioni. Se ne parlerà il 28 marzo, al ritorno del presidente del Consiglio dal Sud America. Ieri Prodi ha incontrato anche la Dc di Rotondi, il Pri e l’Mpa di Raffaele Lombardo. La delegazione degli autonomisti, composta da Giovanni Pistorio, Vincenzo Oliva e Giuseppe Reina, ha proposto lo sbarramento regionale accanto a quello nazionale, il ritorno alla preferenza e il superamento di questo «idolatrato bipolarismo».

Fonte: La Stampa

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