sabato 7 aprile 2007

Salute: Rapporto Onu, Cambiamento Clima La Sta Gia' Danneggiando

Gas serra e polveri sottili minacciano non solo l'ambiente, ma anche la nostra salute. Nessun dubbio al riguardo nel Quarto rapporto tecnico dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), l'organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei mutamenti ambientali. All'Ipcc aderiscono oltre 130 Paesi e lavorano circa 2.500 scienziati.

Il documento 'Cambiamento Climatico 2007', che ha ottenuto oggi a Bruxelles l'approvazione dei principali Paesi del mondo, attesta che l'impatto sulla salute umana è uno degli effetti più importanti del cambiamento climatico in atto. Il rapporto servirà come guida per i governi di tutto il mondo, per definire la politica ambientale dei prossimi decenni e per lavorare alla riduzione dei gas serra dopo il 2012, quando scadranno i termini previsti all'interno del protocollo di Kyoto. Rispetto al precedente rapporto, pubblicato dall'Ipcc nel 2001, quello attuale è molto più allarmante e affronta il riscaldamento globale non più come una vaga minaccia per un futuro lontano, ma come un fenomeno che sta già producendo i suoi effetti. "Oggi - scrive in una nota l'Oms Europa, che ha coordinato il capitolo sulla salute del Rapporto Ipcc - sperimentiamo su scala minore quello che accadrà in futuro. Le 35 mila morti dell'ondata di calore dell'estate 2003 ne sono il primo esempio allarmante. Gli impatti futuri oggi possono essere pronosticati con un'attendibilità elevata (80%) e molto elevata (90%) e colpiranno la salute di milioni di persone in tutto il mondo con: l'aumento della malnutrizione e dei relativi rischi di malattie infettive e respiratorie, implicazioni per la crescita e lo sviluppo dei bambini. E ancora: aumento delle morti, delle malattie e degli incidenti causati da eventi climatici estremi più frequenti e intensi (alluvioni, tempeste di vento, siccità e ondate di calore); aumento delle malattie diarroiche e di altre malattie legate al cibo e all'acqua; aumento della frequenza delle malattie cardio-respiratorie causate da un'alta concentrazione di ozono sulla superficie terrestre; cambiamento della distribuzione geografica di alcune piante e vettori e delle relative malattie; diminuzione della mortalità in alcune aree dovuta alla minore esposizione al freddo".

"Le diverse zone del mondo, inclusa l'Europa, saranno colpite in modi diversi - scrive l'Oms Europa - e anche la distribuzione degli effetti sulla salute è destinata a cambiare nel tempo con il continuo aumento delle temperature".

"Di grande importanza - prosegue l'Oms Europa - saranno i fattori che influenzano l'impatto del cambiamento climatico sulla salute delle popolazioni, come ad esempio l'educazione, l'accesso alle cure, le infrastrutture di sanità pubblica e lo sviluppo economico. A lungo termine, gli effetti sanitari e socio-economici del cambiamento climatico, insieme all'aumento delle migrazioni e degli spostamenti dei popoli, graveranno soprattutto sulle generazioni future. Non c'è dubbio che il mondo ha urgente bisogno di impegnarsi a trovare una via d'uscita. Le attuali misure di mitigazione (la riduzione dell'esposizione), per contenere il fenomeno e limitare i suoi potenziali effetti nocivi sulla salute attraverso la riduzione delle emissioni dei gas serra, sono un contributo importante per rallentare i cambiamenti. Nonostante questo, un certa dose di cambiamento climatico resta inevitabile". I Paesi del mondo, secondo l'Oms Europa, hanno una sfida da affrontare: "Pianificare misure di adattamento di sanità pubblica, per aiutare i cittadini a fronteggiare le nuove minacce. Il settore sanitario ha un ruolo importante nel fornire queste misure, in maniera da anticipare e prevenire nuovi danni alla salute causati dal clima". Azioni testate e risultate efficaci sono già disponibili, assicura l'Oms Europa.

Un esempio? "Il raggiungimento e il mantenimento dei più elevati standard di controllo e sorveglianza lungo la catena alimentare e l'aumento della vigilanza locale e globale delle malattie attraverso l'implementazione del nuovo Regolamento sanitario internazionale (2005)".

Secondo l'Oms Europa, "se il settore sanitario intende influenzare la risposta della società nel suo complesso, deve lavorare con tutti gli altri settori e stabilire collaborazioni efficienti con climatologi, progettisti del territorio e urbanisti, protezione civile e servizi sociali. Lo sviluppo e l'implementazione di sistemi d'allerta precoci per gli eventi estremi come le ondate di calore, insieme a piani di emergenza efficaci, hanno già contribuito alla riduzione delle malattie nei Paesi che hanno adottato questo approccio. La raccolta e la disseminazione sistematica delle informazioni sui potenziali rischi e danni, insieme ai consigli sul modo migliore per proteggersi e la risposta medica per affrontare i cambiamenti del clima, possono contribuire alla gestione efficace dei rischi. Dopo anni di ricerca, abbiamo oggi un maggiore e più affidabile insieme di conoscenze. Questi dati devono essere utilizzati ora il più possibile per implementare misure di adattamento, specialmente a supporto delle popolazioni povere più a rischio. Identificare in anticipo i potenziali rischi e fornire risposte tempestive aiuta a prevenire morti e malattie. Per far fronte a un ambiente che cambia, l'approccio deve essere propositivo, non reattivo. E - conclude l'Oms Europa - deve essere adesso".

Fonte: Yahoo Italia

La marcia di Pasqua contro la pena di morte. In piazza anche Prodi e 16 ministri

Il giorno di Pasqua ci saranno due messe in piazza San Pietro. Quella sacra, con la benedizione urbi et orbi di Benedetto XVI. E quella laica di chi concluderà nella piazza la marcia perché le Nazioni Unite sospendano con una risoluzione le esecuzioni capitali ovunque nel mondo, dalla Cina agli Stati Uniti.

Sarà una strana domenica in piazza San Pietro. L'iniziativa di Nessuno Tocchi Caino, Comunità di S.Egidio, Partito radicale non violento transnazionale e Radicali italiani lanciata dal ministro Emma Bonino e dal leader radicale Marco Pannella in sciopero della fame dal 21 marzo, sta trascinando politici e artisti, cittadini e personalità.
A partire dal presidente della Repubblica Giorgnio Napolitano che ha fatto arrivare il suo messaggio di "sincera adesione e simpatia" all'iniziativa. E dall'impegno di Romano Prodi, impegnato in prima persona sul tema e che ha comunicato la sua presenza al corteo.

Ad aderire all'appello radicale anche il sindaco di Roma Walter Veltroni che nella notte tra sabato e domenica farà illuminare il Colosseo. Lo ha seguito l'Anci, l'associazione nazionale dei comuni. E poi è stato un diluvio di partecipazioni. Ci sono i partiti, l'Unione in blocco, dall'Italia dei Valori a Rifondazione comunista passando per l'Udeur, ma tra le adesioni si fanno notare anche quelle di Margherita Boniver, Cosimo Ventucci e Ida Vitale di Forza Italia e di Forlani (Udc). E poi le associazioni e le personalità, da Luciana Littizzetto a Sabrina Ferilli, da Daria Bignardi a Alessandro Haber. Ma, quello che più conta, insieme a Prodi ci saranno ben tredici ministri della Repubblica: Emma Bonino, vannino Chiti, Rosy Bindi, Luigi Nicolais, Arturo Parisi, Paolo Gentiloni, Clemente Mastella, Alfonso Pecoraro Scanio, Antonio Di Pietro, Fabio Mussi, Cesare Damiano. In queste ore si è aggiunto il prodiano Giulio Santagata. Qualcuno di loro sarà in marcia in carne ed ossa, altri solo a distanza. Ma condividono tutto, punto per punto.

Una battaglia nazionale e trasversale che Palazzo Chigi e il premier Prodi ha fatto sua impegnandosi a far discutere la questione all'assemblea generale delle Nazioni Unite prima che si concluda questa sessione. Cioè entro maggio.

Storia antica, questa della moratoria, tredici anni di tentativi, speranze, sconfitte e che il Parlamento ha rilanciato nella scorsa estate votando all'unanimità una mozione presentata dal radicale Sergio D'Elia. L'impegno è stato poi più volte ribadito in questi mesi, da Prodi e dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema. Sul sito del partito è disponibile un dossier di 54 pagine con la cronistoria degli insuccessi di una battaglia di civiltà. Una prima bocciatura c'era stata nel 1994: per la prima volta l'Assemblea generale delle Nazioni Unite stava per votare - anche allora su proposta del governo italiano - una bozza di risoluzione per una moratoria universale. Non passò per otto voti. Ci ha riprovato nel 1999 la Finlandia che aveva la presidenza di turno del semestre ma poi
proprio il Consiglio Affari generali della Ue ordinò di ritirarla.

I veti scattano per via di delicati equilibri diplomatici. Questioni che ovviamente nulla hanno a che fare con la pena di morte come la partecipazione dell'Italia al neonato Consiglio Onu per i diritti umani. Insomma, sarebbe un successo diplomatico troppo "grande" per l'Italia incassare adesso il risultato di una moratoria. Alcuni paesi, come la Gran Bretagna in posizione filo-americana, oppure l'Olanda e la Danimarca preferirebbero una semplice emeno impegnativa dichiarazione contro la pena di morte.

Prodi, che due giorni fa ha incontrato per tre ore Pannella e Bonino, ha ribadito "l'impegno mio e del governo per arrivare a una moratoria sulle esecuzioni capitali". La marcia di domenica può essere l'ultima chance per uno scatto decisivo nell'assemblea del Palazzo di Vetro. Ha scritto Adriano Sofri nella sua Piccola Posta di giovedì. "Ci sarà una domenica di resurrezione, una marcia contro la pena di morte, il Colosseo illuminato, i radicali e gli altri in piazza San Pietro, la benedizione papale, semel in anno licet rinsavire".


Il filorusso Yanukovich contro Yuschenko: "Il Parlamento non si scoglie"

Viktor contro Viktor. Così si è svegliata ieri l’Ucraina. Due anni e mezzo dopo il grande scontro, vinto dall’attuale capo di stato Yuschenko, a Kiev si consuma un altro braccio di ferro con l’allora sfidante presidenziale Yanukovich, oggi primo ministro.


La «misura estrema», ovvero il decreto presidenziale con cui Yuschenko ha sciolto la Rada, il Parlamento, indicendo nuove elezioni il 27 maggio, rischia di innescare la peggior crisi politica dalla Rivoluzione Arancione. Il passo, «incostituzionale» per la Rada, ha messo in subbuglio la diplomazia europea e ha già riversato nelle strade almeno 5mila manifestanti. I fedeli all’esecutivo hanno circondato il Parlamento, gli adepti della «pasionaria» Yulia Timoshenko l’edificio della commissione elettorale.

Dopo il silenzio dei media - che hanno costretto Yuschenko a creare il «Bollettino ufficiale» per mettere in vigore il decreto - è arrivato quello dei parlamentari. La Rada ha infatti posto il veto sui finanziamenti per il voto, ha congelato la commissione elettorale e ha investito la Corte costituzionale del caso. La sentenza dei giudici arriverà entro 5 giorni.

Di fatto la crisi riflette un paese diviso tra le forze filoccidentali, fedeli a Yuschenko, e quelle filorusse, dalla parte di Yanukovich. Una skizofrenia istituzionale che ha congelato la politica per mesi. Intanto perché Yuschenko controlla i ministri della Difesa e degli Esteri, mentre Yanukovich quello degli Interni. E poi perché rispecchia la composizione del paese, nella lingua e nel pensiero ancora diviso tra l’Est, filorusso, e l’Ovest, ucraino. Ben 8 milioni, su una popolazione di 47 milioni, si sentono russi e, a proposito, la Crimea si è già schierata con Yanukovich. Va poi considerato che le liti in casa arancione hanno fatto vincere le elezioni legislative del 2006 al Partito delle Regioni di Yanukovich. Il tutto, grazie anche al salto della quaglia in cambio della poltrona di presidente della Rada del socialista Moroz. A spaccare il muro contro muro è stato il recente trasformismo di 11 deputati arancioni finiti nelle file della maggioranza. Consuetudine governativa che ha riavvicinato Yuschenko e la Timoshenko, secondo gli analisti la vera regista della crisi con mire governative.

Dal fronte russo Sergei Lavrov, capo della diplomazia non ha dubbi: «L’ultima parola spetta all’Ucraina, ma se Kiev chiederà una collaborazione, la Russia sarà pronta». L’Unione Europea, «preoccupata», ha chiesto che «prevalga il senso di responsabilità», la Commissione ha invece sottolineato «l’importanza della stabilità politica per le riforme sostenuto finanziariamente da Bruxelles».

Al termine di un lungo incontro avvenuto ieri tra i «due Viktor», il premier ha minacciato una procedura di impeachment. Yuschenko si è limitato a ribadire le sue posizioni. L’ultimo pensiero è stato per i manifestanti: «l’uso della forza sarebbe inammissibile».


Prodi: «Si rischia lo spezzatino messicano»

Sul caso Telecom il governo «non è né assente né reticente». Il presidente del Consiglio Romano Prodi, in un'intervista rilasciata al direttore del Sole 24 ore, Ferruccio de Bortoli, all'indomani delle dimissioni del presidente Rossi, spiega che il governo rispetta il mercato ma potendo farebbe molto di più. Cosa impossibile in Italia, sottolinea il premier, specie dopo il «caso Rovati», che definisce «un folle attacco al governo. Una vicenda infame, un attacco inqualificabile».


Perché in nessun altro Paese, così De Bortoli riassume il pensiero di Prodi, si farebbero portar via sotto il naso il principale operatore delle telecomunicazioni. Berlino per esempio tiene ben saldo il controllo, in mani pubbliche, di Deutsche Telekom. Per non dire di Parigi con France Telecom. Nel corso della giornata Prodi è tornato a parlare della società telefonica a Bologna, rispondendo alle domande dei cronisti. «Ho detto tutto quello che dovevo dire. Questa è l'unica cosa che posso aggiungere: troveranno una soluzione».


SOCIETA' DI GARANZIA - Una vicenda, quella di Telecom dopo le dimissioni di Guido Rossi, che dovrebbe essere affrontata secondo Prodi con la creazione di «una società di garanzia di transito». Il presidente del Consiglio si dice contrario a riportare la rete in mano pubblica, pensa invece a una rete che svolga un servizio pubblico nel senso di essere accessibile a tutti gli operatori, non di proprietà o di controllo statale. Lo schema, secondo l'interpretazione del direttore del Sole, sarebbe vicino al modello inglese Open Reach (una divisione di British Telecom non separata societariamente). Quindi, una società di garanzia di transito che metta a disposizione un monopolio naturale, un «sistema nervoso» più tecnologico ed efficiente di quello attuale, con l'obiettivo finale di offrire servizi e contenuti ai consumatori a costi concorrenziali senza per questo indebolire l'operatore principale.

RISCHIO SPEZZATINO - Per quanto riguarda gli investitori stranieri, Prodi dice di ritenere che la dichiarazione di interesse per Telecom non sia americana e messicana, ma soltanto messicana. E dettata quasi unicamente dall'interesse di Slim per Tim Brasile. E che alla fine il rischio di uno spezzatino sia tutt'altro che remoto. «A me lo spezzatino piace, ma solo a tavola» sottolinea il premier. Poi una stoccata ai capitalisti italiani. «Che cosa posso dire di quello che sta succedendo? Una sola cosa. Che bel capitalismo, complimenti. E dicono ancora "è il mercato, bellezza!" Ma c'è da morir dal ridere... È tutta una corsa a chiedere protezioni e favori». Per Prodi il bosco poco folto degli attori industriali italiani è un panorama desolante. «Avremmo bisogno - commenta il premier - di forti piante...».


IMPRESE ITALIANE - Prodi sottolinea infine che il governo sta facendo di tutto «seriamente e concretamente» per favorire le imprese italiane all'estero. Anche come azionista. Il riferimento all'Enel che «silenziosamente» sta conquistando Endesa in Spagna e, insieme all'Eni, parte delle attività Yukos in Russia. «Abbiamo fatto soltanto il nostro dovere - dice Prodi - ma lo abbiamo fatto». Il premier non si dice preoccupato per le dichiarazioni di Di Pietro e Giordano sulla vicenda Telecom. «Non le ritengo pericolose - dice Prodi -, è normale dialettica politica all'interno di un esecutivo e di una maggioranza che vanno avanti per la loro strada».