domenica 18 marzo 2007

Mastella è stufo della sinistra e sogna di rifare la vecchia Dc

Il malessere politico di Clemente Mastella s’è palesato ancora una volta ieri, davanti alla folta platea postdemocristiana convenuta al Capranica per il lancio della Federazione tra la sua Udeur, Rifondazione Dc di Publio Fiori, e la Dc di Giuseppe Pizza. L’obiettivo, per altro annunciato da tempo, è la presentazione di liste comuni alle elezioni europee del 2009, regolate dal proporzionale puro e senza sbarramenti di sorta, con l’ambizioso sogno di far rinascere lo Scudocrociato e con esso quel mitico Grande Centro alternativo ai due poli. Ma riuscirà Mastella, a resistere nell’Unione sino al 2009? Meglio e più esattamente: sarà ancora in piedi per quella scadenza, il governo di centrosinistra del quale il leader di Ceppaloni è Guardasigilli?

Ha suscitato applausi calorosi, lo sfogo pubblico di Mastella sul disagio del Campanile a stare «in questa maggioranza piena di contraddizioni», col futuro sempre incerto e sotto il ricatto continuo della sinistra estrema che ora agita il ritiro dall’Afghanistan, poi i Pacs, quindi la Tav o il no alla riforma delle pensioni: «Ci sono vene di anticlericalismo molto spinto, e un laicismo eccessivo: atteggiamenti che non ci piacciono». Il nodo è la legge elettorale, sulla quale Mastella ha le idee chiare e non intende piegarsi ai grandi partiti, e che gli fa affermare con certezza: «Con questo sistema elettorale non c’è governabilità, si è creato un bipolarismo dove regna la litigiosità. Mentre quando c’era il centro, bene o male la governabilità era assicurata».

Facciamo rinascere la Dc d’antan? «Sarebbe troppo complicata e forse non adatta ai tempi moderni», risponde Mastella che però difende l’idea di un «centro che richiami i valori su cui si fondava la Dc», perché «ce n’è tanto bisogno». La sfida è per l’Europarlamento, dove la lista unitaria della Federazione democristiana, secondo Mastella, non dovrebbe minimamente mettere in crisi la sua permanenza nell’Unione, e che gli lascia intravedere «un risultato elettorale intrigante». Certo, ci fosse pure l’Udc in questa avventura, l’orizzonte sarebbe più
luminoso, però Mastella non pronuncia il nome di Pier Ferdinando Casini e si limita a mandargli a dire: «Io penso a tutti quelli che hanno la volontà di far emergere i valori di centro, e prenderei malvolentieri atto se ci fossero degli elementi un po’ vanitosi che si considerano fuori da questa possibilità».

Soddisfatto anche Fiori, che condivide il progetto di «scomporre questo bipolarismo artificiale e strumentale», ed è convinto che ieri ci sia stato «il primo atto di un processo che punta alla riaggregazione dell’arcipelago democristiano intorno ai valori del cattolicesimo politico, volto alla realizzazione, anche in Italia, di uno schieramento di centro ispirato al Ppe». Insomma, «torna la Dc, torna il centro». E Pizza, che sottolinea come «il nome e il simbolo della Dc sono già stati recuperati», vede anch’egli il successo di questo «processo di riunificazione delle varie esperienze democristiane presenti sia nel polo di centrodestra che di centrosinistra».

Mancava l’Udc al Capranica, ma non c’era nemmeno la Nuova Dc per le Autonomie di Gianfranco Rotondi. Perché? «Non c’ero perché Mastella resta a sinistra: e io non credo che si possa ricostruire la Dc con Diliberto», risponde Rotondi.

Fonte: IlGiornale.it

Il paparazzo adesso ammette: "Ho scattato io le foto di Sircana"

Davanti a prove inequivocabili alla fine il "paparazzo" romano ha confessato. "E' vero sono stato io a scattare quelle foto al signor Silvio Sircana in quella situazione compromettente. Ma non volevo certo ricattarlo, io faccio il mio mestiere". E così Max Scarfone, il "paparazzo" della "scuderia" di Fabrizio Corona arrestato con l'accusa di utilizzare le foto per ricattare vip, attrici, cantanti, attori e politici, ha raccontato minuto per minuto la "cronaca" del 14 settembre scorso quando pedinò e fotografò il portavoce di Prodi, sin da quando si trovava al ristorante con una donna e la sera in un viale romano frequentato da transessuali. Foto che sono state acquisite agli atti dell'inchiesta condotta dal pm di Potenza, Henry John Woodcock.

Nei giorni scorsi, quando scoppiò il "caso Sircana", intervistato da giornali e tv Massiliano Scarfone aveva negato di fare fatto quelle foto compromettenti. Ma diceva il falso e l'altro ieri quando gli agenti sono piombati nella sua casa romana, perquisendola da cima a fondo Scarfone ha capito di essere proprio nei guai. A casa non gli hanno trovato nulla, ma ha confermato che quella sera aveva chiamato Fabrizio Corona comunicandogli di avere fatto lo "scoop" dell'anno che avrebbe "sistemato" lui stesso ed il suo principale perché ne avrebbero ricavato molti ma molti soldi. Invece sono arrivati i guai.

La prima foto, racconta Scarfone "l'ho fatta al ristorante "Il Bolognese", poi ho altri tre scattti e poi ancora l'ho seguito fino a quel viale dove la notte è frequentato da transessuali".

Non solo, ma come aveva concordato con il "principale" Fabrizio Corona, per essere certi "al cento per cento" che si trattava di Sircana i due si sarebbero procurati un foglio del "Pra", il pubblico registro automobilistico per avere la conferma che l'auto vicina al transessuale era quella di Sircana.

Le foto sono poi arrivate anche ad alcuni giornali, circostanza che gli inquirenti hanno appurato con il direttore di Oggi Pino Belleri che ha confermato di averle acquistate per 25000 euro a novembre perché non cadessero nelle mani di rotocalchi concorrenti. E ieri tra Roma e Potenza girava voce che fossero state addirittura mostrate allo stesso Sircana da agenti di polizia giudiziaria. Ma Sircana smentisce, sia di essere stato ascoltato sia di essere stato ricattato. "Sono allibito ancora una volta si cerca di accreditare una tesi inesistente. Ho detto la prima sera al giornalista del "Giornale", e lo confermo oggi, che non sapevo nulla e non lo sapevo perché non ero stato ricattato. Mi pare che si continui a tentare di gettare fango. Che le pubblichino queste foto...".

L'indagine comunque è tutt'altro che conclusa ed ieri il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi ha rimesso in libertà lo scopritore di pornostor, Riccardo Schicchi che era agli arresti domiciliari (ha soltanto l'obbligo di dimora e quello di firma davanti alla polizia giudiziaria) mentre Luca Carboni, figlio del "faccendiere" Flavio, ha lasciato il carcere ed ottenuto gli arresti domiciliari. Rimangono ancora agli arresti, Fabrizio Corona, rinchiuso in carcere, ed il suo collaboratore, Marco Bonato che è ai domiciliari. Ma anche il palazzo di giustizia di Potenza è sotto "inchiesta": martedì arriveranno gli ispettori ministeriali inviati dal ministro Mastella per valutare l'operato del pm Jhon Woodcock per l'inchiesta "Vallettopoli" e domani il procuratore Capo, Galante ed il procuratore Generale, Vincenzo Tufano, saranno davanti ai loro colleghi del Csm che dovranno valutare eventuali "incompatibilità ambientali" dei due magistrati e quella del pm Felicia Genovese in relazione anche ad alcune inchieste su omicidi, inchieste seguite da Genovese e nella quale era coinvolto (anche se poi sono state archiviate) il marito del magistrato.

Fonte: La Repubblica

Marini: «Taglio tasse anche a famiglie»

Il presidente del Senato: «Padoa-Schioppa non mi convince quando parla di priorità alle imprese»

Una riduzione di tasse deve arrivare anche «per le famiglie e non solo per le imprese». Lo ha detto il presidente del Senato Franco Marini al forum di Confcommercio a Cernobbio. Il giorno prima era stato il ministro dell'Economia Padoa-Schioppa a chiedere priorità per le imprese. «Le riduzioni per le imprese e per le famiglie devono andare di pari passo - precisa ora Marini - bisogna far camminare le due cose insieme».

Secondo il presidente del Senato una parte dell'extragettito entrato nelle casse dello Stato deve dunque andare nella direzione di una riduzione della pressione fiscale delle famiglie per riavviare il ciclo della domanda interna e dei consumi. «Padoa-Schioppa - ha detto Marini - ha detto qui a Cernobbio che bisogna fare qualcosa in più per le imprese ma io sono convinto che bisogna fare anche qualcosa sul piano della riduzione della pressione fiscale. La parola priorità mi convince poco e penso che le imprese abbiano bisogno, ma che la cosa debba camminare insieme con dei provvedimenti per le famiglie». Marini si è quindi detto d'accordo con il segretario della Cisl Raffaele Bonanni che ha sottolineato l'importanza di aumentare la produttività per riagganciare la ripresa: «Solo un miglioramento della produttività e una contemporanea riduzione della pressione fiscale danno garanzie di stabilità». Lo stesso Bonanni, anch'egli presente al forum di Confcommercio, ha lanciato la proposta di un patto tra le parti sociali affinché sia scritto nero su bianco che «ogni punto recuperato all'evasione fiscale vada alla riduzione delle tasse e al sociale».
LEGGE ELETTORALE - Marini ha poi ribadito la necessità di mettere mano alla riforma elettorale, precisando comunque che un'eventuale riforma non pressuppone che si vada subito dopo alle urne. «Questa legge - ha aggiunto - bisogna cambiarla perché rischia di diventare un pericolo per le nostre istituzioni. Ma non è vero che una volta fatta la legge elettorale si debba andare a votare». Quindi ha ricordato il Mattarellum: «Con quella legge chi faceva le liste sapeva chi era avvantaggiato ma in tanti casi grazie alla capacità dei candidati le previsioni si sono ribaltate. Con questa legge, invece, i partiti fanno l'elenco dei candidati e al massimo discutono del quinto posto. Il cittadino vota a scatola chiusa».
MAGGIORANZE VARIABILI - Porta chiusa all'ipotesi di maggioranze variabili. «L'ho già detto altre volte e lo ripeto, non c'è bisogno e non c'è possibilità di governi a maggioranze variabili, ma di un Parlamento dove il bipolarismo si rafforzi e si esprima a livelli alti di capacità, di confronto e di responsabilità».

Fonte: Corriere della Sera

Pasqua, campagna anti Dico nelle case

Iniziativa di Ruini: a Roma i sacerdoti impegnati nelle benedizioni consegneranno un opuscolo in difesa della famiglia

Campagna anti Dico porta a porta in joint venture tra i cardinali Antonelli di Firenze e Ruini, vicario del Papa a Roma. A tutte le famiglie della capitale verrà consegnato un pieghevole a colori che aiuta «a riflettere sull'importanza sociale della famiglia». Postini speciali del messaggio, i sacerdoti della diocesi impegnati nelle benedizioni pasquali casa per casa che quest’anno sono meglio organizzate ed evidenziate con avvisi su moltissimi portoni. Maintanto è montata la polemica contro la presa di posizione della Pontificia Accademia per la vita che venerdì ha invitato i cattolici a esercitare il diritto all’obiezione di coscienza in tutti quei casi in cui possano essere distrutte vite umane. Esponenti della Rosa nel pugno e dell’Aduc hanno denunciato a Firenze il presidente dell’Accademia, monsignor Sgreccia, per violazione dell’articolo 414 e 328 del codice penale ("istigazione a commettere reati" e "omissione di atti di ufficio"). Sempre ieri alcuni leader dell’Anm hanno preso le distanze dal pronunciamento dell’Accademia lì dove invita all’obiezione anche i magistrati e non solo gli operatori sanitari. Luigi Manconi (sottosegretario alla giustizia) chiede che «la Chiesa impartisca un insegnamento etico e non politico».

FAMIGLIA E SOCIETÀ — Questo è il titolo che accompagna il messaggio dell'ex presidente della Cei Ruini ai romani. Serve a presentare un testo scritto dal cardinale Antonelli per la Pasqua 2007, che campeggia anche al centro dell’ home page del sito internet della Diocesi di Firenze. Non si usa l'espressione Dico ma Antonelli scrive chiaramente che le esigenze di chi vive in una convivenza di fatto o in coppie omosessuali «dovrebbero trovare risposta nei diritti riconosciuti alle singole persone » mentre «non è giusto che abbiano gli stessi diritti della famiglia, dato che non hanno gli stessi doveri». Il cardinale Ruini invita alla valutazione della lettera anche da parte anche dei laici. «Le considerazioni qui proposte — scrive — sono in armonia con la fede cristiana ma vengono sviluppate sulla base dell'esperienza e della ragione: possono pertanto essere condivise anche da chi non è credente». Antonelli lancia l’allarme sulle conseguenze economiche e sociali e culturali («si assottiglierà la trasmissione del nostro patrimonio culturale, proprio quando si diffonderanno altre culture portate dagli immigrati ») del calo demografico italiano.

MAGISTRATI — Sebbene il direttivo dell’Anm non si sia voluto pronunciare sull’argomento, per darne una più approfondita riflessione, alcuni leader delle toghe a cominciare dal presidente e dal segretario dell’Amn, Giuseppe Gennaro e Nello Rossi, hanno firmato un documento in cui, si prende posizione contro l’Accademia pontificia, sottolineando che «solo la Costituzione è la tavola dei valori cui il magistrato deve fare riferimento perché a essa ha giurato fedeltà e pertanto l’unica obiezione possibile al magistrato è l’eccezione di legittimità costituzionale», cioè il ricorso alla Consulta.E citano una sentenza della Corte che nell’87 aveva escluso la possibilità di obiezione di coscienza per i magistrati.

Fonte: Corriere della Sera

Arrestato in Brasile l'ex terrorista Cesare Battisti

È finita in un hotel di Copacabana la fuga di Cesare Battisti, ex leader dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, evaso da un carcere italiano nel 1980 e rifugiatosi in Francia 15 anni fa. Battisti, 54 anni, si era dato alla latitanza il 22 agosto 2004 per sfuggire a un’estradizione che vedeva sempre più vicina. Da tre anni, sulle sue tracce erano gli agenti francesi ed i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale, che erano riusciti a localizzarlo in Sud America prima che facesse nuovamente perdere le proprie tracce. L’incontro con un esponente dei comitati di sostegno, che avrebbe dovuto consegnargli del denaro, è stato fatale all’ex «primula rossa», catturato dalla polizia brasiliana e dagli agenti venuti da Parigi insieme alla sua compagna.

E proprio a Parigi l’ex leader dei Pac, grazie alla ’dottrina Mitterand’, si era rifatto una vita: abbandonata la lotta armata, si era dato alla scrittura, diventando un giallista di fama e pubblicando opere in cui proponeva alcune analisi sull’esperienza dell’antagonismo radicale, tra cui ’L’orma rossà, edito da Einaudi. Poi, però, quando l’aria era cominciata a farsi più pesante, Battisti aveva deciso di fuggire. A cambiare le carte in tavola era stato il parere favorevole all’estradizione dato dalla Corte d’appello di Parigi il 30 giugno del 2004. Poco dopo il presidente francese Jacques Chirac aveva fatto sapere che avrebbe dato il via libera all’estradizione nel caso in cui il ricorso in Cassazione presentato dai legali di Battisti fosse stato respinto.

«La dichiarazione di Jacques Chirac, due giorni dopo la decisione della Corte d’appello, è riuscita a togliermi ogni speranza», aveva detto l’ex leader dei Pac nella lettera inviata agli avvocati Irène Terrel e Jean-Jacques de Felice per spiegare le ragioni della sua fuga. «Di fronte al baratro, cosa mi resta?», aveva scritto. «Soltanto i miei figli e la sottile possibilità, un giorno forse, di potermi spiegare sulle mie responsabilità politiche e di tornare infine su quel passato che l’Italia vorrebbe, mi pare, seppellire per sempre, al prezzo di una contraffazione storica».

«Non lascerò la Francia, non saprei farlo, è il mio paese e non ne vedo altri nel mio futuro», aveva scritto Battisti, aggiungendo: «Continuerò a battermi affinchè sia resa giustizia all’uomo e alla storia». Con la progione a vita, trent’anni dopo i fatti, «sarebbe la famiglia, i figli, altre vite a pagare», aveva spiegato, sottolineando: «Non posso correre questo rischio, non rivedere più i miei figli, il paese dove sono nati, l’idea mi risulta insopportabile».

Pochi mesi dopo, il 23 ottobre 2004 il primo ministro francese, Jean Pierre Raffarin, aveva firmato il decreto di estradizione che costringeva l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo a scontare la propria pena in Italia. Contro il decreto nel novembre 2004 i legali di Battisti avevano presentato invano ricorso al Consiglio di Stato, che aveva al contrario convalidato il decreto nel marzo 2005. Gli avvocati ci hanno poi riprovato poco più di un mese fa, presentando un ricorso presso la Corte Europea dei diritti dell’uomo di cui non si conosce l’esito.

Pur riconoscendo di aver fatto parte dei Pac, Battisti si era sempre detto innocente. Arrivato in Francia nel 1990 dopo alcuni anni trascorsi in Messico si era appellato alla dichiarazione del presidente della Repubblica François Mitterand, che nel 1985 aveva promesso asilo agli ex militanti della lotta armata che avessero rinunciato alla violenza.

In Italia l’ex leader dei Pac era stato condannato a due ergastoli per quattro omicidi: in due di essi, quello del maresciallo Antonio Santoro, avvenuto a Udine il 6 giugno del ’78, e quello dell’agente Andrea Campagna, avvenuto a Milano il 19 aprile del 1979, il terrorista sparò materialmente. Nell’uccisione del macellaio Lino Sabbadin, avvenuta a Mestre il 16 febbraio del ’79, invece, Battisti fece da copertura armata al killer Diego Giacomini e, nel caso dell’uccisione del gioielliere Pierluigi Torregiani, avvenuta a Milano il 16 febbraio del ’79, venne condannato come co-ideatore e co-organizzatore.

L’idea alla base di quel biennio di sangue, secondo quanto si appurò in seguito, era quella di colpire, oltre ad esponenti delle forze dell’ordine, i commercianti che si erano difesi durante i cosiddetti ’espropri proletarì. Proprio per questo nel mirino dei Pac finirono il macellaio di Venezia Sabbadin e il gioielliere di Milano Torregiani. In quest’ultimo caso, poi all’omicidio, si aggiunse un ulteriore tragedia: nel corso della colluttazione, il figlio del gioielliere, Adriano, venne colpito da una pallottola sfuggita al padre prima che questi cadesse, e da allora, paraplegico, è sulla sedia a rotelle.

Fonte: La Stampa.it