mercoledì 6 giugno 2007

Molecola contro il cancro al fegato

E’ la prima molecola in grado di contrastare il tumore del fegato e sarà presto disponibile, aumentando in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti. Alla base del nuovo farmaco c’è la molecola sorafenib che, nei test effettuati in uno studio internazionale su 602 pazienti, si è dimostrata efficace nel bloccare la progressione del tumore e nell'aumentare i livelli di sopravvivenza. Fino a questo momento l’epatocarcinoma era trattato esclusivamente attraverso la via chirurgica o ricorrendo al trapianto.

L'importante annuncio è stato fatto al Congresso dell'Associazione americana di oncologia clinica (Asco), che riunisce a Chicago oltre 30.000 specialisti da tutto il mondo, e che a questo studio ha dedicato una sessione plenaria. Allo studio hanno partecipato dieci centri italiani (tra cui l'Istituto tumori di Milano e la Clinica Humanitas), arruolando ben 200 pazienti. Nella sperimentazione, partita circa 3 anni fa, a 299 pazienti con cancro avanzato del fegato è stato somministrato sorafenib, mentre ai restanti 303 un trattamento placebo. I risultati sono stati tanto positivi che la sperimentazione è stata interrotta in anticipo: i pazienti trattati con sorafenib (attraverso compresse da assumere a casa e con ridottissimi effetti collaterali) hanno registrato, infatti, una sopravvivenza del 44% maggiore rispetto agli altri. Anche la tossicità è risultata limitata: soltanto nel 10% dei casi è stato riscontrata una eruzione cutanea.

Di tutti i pazienti con tumore al fegato la maggioranza sono uomini. I fattori di rischio sono in particolare, l'epatite C quando diventa cronica e la cirrosi da abuso di alcol. L’incidenza è superiore In Europa rispetto agli Stati Uniti: in particolare in Italia si verificano ogni anno tra 10-12 mila nuovi casi in una fascia d'età adulta, dai 50 anni in poi. La sopravvivenza a 5 anni per cancro del fegato è circa lo 0,5% e spesso la malattia si presenta contemporaneamente alla cirrosi, anch'essa letale.

"La molecola non è un chemioterapico ma rientra nella terapia target. Sono farmaci mirati - ha spiegato a Chicago Armando Santoro, direttore di oncologia all'Humanitas di Milano - che agiscono bloccando il meccanismo della crescita tumorale nella singola cellula”. Fino a questo momento molti altri farmaci sono stati testati contro il tumore del fegato ma "c'e stato sempre un fallimento completo", ha aggiunto il prof. Santoro.

Fino ad oggi, il tumore del fegato non aveva nessun trattamento specifico, soltanto una piccola percentuale di pazienti (10-15%) era candidato alla chirurgia o al trapianto di fegato. "Nel 90% dei casi non c'era nessun trattamento se non alcuni palliativi come l'embolizzazione, la radiofrequenza e tutti i pazienti erano destinati ad una degenerazione della malattia", ha continuato l'oncologo sottolineando che lo studio è iniziato circa due anni e mezzo fa dopo una precedente fase di studio che aveva già evidenziato risposte positive. “Per cui già molti pazienti utilizzavano e utilizzando ancora questo farmaco già da quasi quattro anni. Oggi c'è una quota di pazienti, quindi, che può beneficiare di una sopravvivenza lunga non ipotizzabile senza questa nuova scoperta farmacologica contro il tumore del fegato” ha aggiunto l’oncologo.

Nel giro di un paio di mesi la molecola sarà registrata negli Stati Uniti. In Europa il dossier va presentato all'Emea e per fine 2007 si potrà registrare la molecola. "Di fatto la molecola è stata già registrata per il tumore renale e quindi sarà semplicemente un'estensione della registrazione già avvenuta", ha aggiunto Santoro.

Fonte: TGCOM

Le Br sono vive ma il film su di loro non si può vedere

Sarà il tema o lo svolgimento? Un caso di grave rimozione politica o un problema di qualità cinematografica? Non si attenua la polemica attorno all'uscita di Guido che sfidò le Brigate rosse, il film che Giuseppe Ferrara, il più militante dei nostri registi, ha dedicato all'operaio comunista ucciso dalle Br all'alba del 24 gennaio 1979, a Genova, per aver denunciato un collega fiancheggiatore dei terroristi. Pronto da quasi un anno, proposto senza successo ai festival maggiori, dopo una serie di proiezioni d'assaggio il film sarà ufficialmente presentato domani sera in un cinema romano: cinque le sale affittate dal produttore Carmine De Benedittis, nella speranza che tra i duemila invitati ci sia anche Napolitano. Massimo Ghini, protagonista del film nei panni dell'operaio, commenta così: «Vorrei ricordare che Guido Rossa è medaglia d'oro al valore civile. Il presidente Pertini partecipò commosso ai suoi funerali, portando a Genova il dolore e lo sdegno dell'intera nazione».

Tuttavia Guido che sfidò le Brigate rosse continuerà ad essere invisibile, nonostante due interpellanze parlamentari, il severo richiamo di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, le pressioni della Cgil nei confronti della Rai e del Luce. Se ne riparlerà dopo ferragosto, quando il film uscirà in una cinquantina di copie, con una distribuzione fai-da-te. Ferrara spiega così il presunto boicottaggio: «C'è un'ostilità nei confronti del film perché l'ho diretto io. Sono nella lista nera della Rai da quasi vent'anni. Qualche tempo fa Agostino Saccà (responsabile della fiction, ndr) mi ha dato un appuntamento e neppure s'è presentato. È una vergogna che un film così non venga distribuito e sostenuto dagli enti di Stato».

Insomma, avete capito. Il fumantino autore, specializzato in segreti e misfatti italiani (dal sequestro Moro al caso Calvi), alza il tiro su «certe distrazioni istituzionali», parla di «un filo-brigatismo sotterraneo» che rimbalzerebbe anche sulle colonne di Repubblica, depreca «il protagonismo di quei brigatisti che vanno in tv a dire come hanno sparato bene», ammonisce sui rischi di una saldatura tra nuovi terroristi e vecchie Br. Non fosse abbastanza chiaro il suo pensiero, sui titoli di coda appare la seguente scritta: «Al terrorismo si devono 419 omicidi e un decisivo contributo allo spostamento a destra del Paese». Mah!
Prova a sdrammatizzare Ghini: «Conoscendo Ferrara, mi sarei meravigliato che quella scritta non ci fosse». L'attore romano, impegnato in una prova ardua anche sul piano della trasformazione fisica e verbale (purtroppo il trucco micragnoso non l'aiuta), reputa la sottolineatura «generica» e non risparmia qualche critica alla fattura del film. Ma ne difende l'ispirazione, ricordando «la fatica con la quale è stato fatto», e rivendica lo spessore speciale, umano e politico, dell'operaio ucciso dal piombo terrorista: «Un padre, un fratello maggiore, un amico per tanti all'Italsider». Detto ciò, Ghini non si fa illusioni sull'esito commerciale di Guido che sfidò le Brigate rosse: «Sarebbe stato meglio puntare subito su un passaggio tv, magari all'interno di una puntata speciale di Porta a porta o di qualcosa del genere».

Costato attorno a 2 milioni di euro (300mila vengono da De Benedittis, 900mila dall'Ilva spa, 780 dalla Rai che ha acquistato i diritti per lo sfruttamento tv e video), il film sfodera un cast di tutto rilievo con Anna Galiena nel ruolo della moglie Silvia, Gianmarco Tognazzi, Elvira Giannini e Mattia Sbragia nei panni dei brigatisti Riccardo Dura, Fulvia Miglietta e Mario Moretti. Purtroppo il tono risulta a tratti agiografico, il confronto interno alle Br non sempre verosimile, nonostante il contributo ai dialoghi di Alberto Franceschini. Ferrara ha un'idea precisa in testa: che i servizi segreti agevolarono il lavoro sporco delle Br con l'intenzione di ostacolare l'ascesa al governo del Pci berlingueriano. Certo il film, pure efficace a tratti, glissa sull'isolamento politico di cui restò vittima Rossa all'interno del Consiglio di fabbrica. Una solitudine che gli costò probabilmente la vita, come ammise lo stesso Lama ai suoi funerali.

Fonte: IlGiornale.it

Il 50% dei connazionali non sa cos’è internet

INTERNET, blog, messanger, mp3, rete, Dvd e Pc: se per molti queste parole fanno parte del linguaggio comune, ad altri non dicono assolutamente niente. Infatti, ancora oggi più della metà della popolazione italiana non usa Internet e circa la metà non usa le nuove tecnologie. È quanto emerge da un’indagine qualitativa e quantitavia commissionata dall'Osservatorio permanente contenuti digitali e realizzata da ACNielsen. L'indagine «Liquidi & Mutanti. Industrie dei contenuti & consumatori digitali», articolata in due sezioni (qualitativa, realizzata su cinque tipologie di utilizzatori di contenuti dai 13 ai 50 anni, e quantitativa, realizzata su un campione della popolazione italiana di 8.500 individui con più di 14 anni), ha evidenziato che le nuove tecnologie, pur crescendo velocemente, raggiungono a oggi solo circa il 50% della popolazione.

Le piattaforme utilizzate maggiormente (almeno una volta alla settimana) sono il Pc con Dvd (39%) e il cellulare con mp3/video/fotocamera (33%), seguito dal lettore Dvd (26%) e lettore mp3/i-Pod e Tv Lcd/al plasma (15%). Ben il 52% degli italiani non utilizza Internet; tra chi ne fa uso il 23% è un heavy users (si connette tutti i giorni o quasi) e il 25% è un medium-light user (si connette con frequenza inferiore alla quotidiana) e i sistemi di messaggistica istantanea (Messenger, Skype) e forum/blog sono quelli usati più frequentemente, soprattutto dalle donne tra i 14 e i 24 anni che, in quanto a uso della tecnologia, non sono da meno degli uomini, anzi.

Fonte: IlTempo.it

La verità su Pio XII il «Papa moderno»

Un fiancheggiatore del nazionalsocialismo, il «Papa di Hitler» o, più semplicemente ma ancor più tragicamente, il Papa che scelse il silenzio di fronte alla Shoah. Una vera e propria «leggenda nera» quella che accompagna la figura e il giudizio su Pio XII dal giorno della sua morte il 9 ottobre 1958. Tanto da provocare una vera e propria crisi diplomatica tra Israele e la Santa Sede nel marzo scorso poiché nello Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme, l’atteggiamento di Papa Pacelli era stato definito «ambiguo». Già allora la presa netta di posizione del Vaticano con il ritiro del nunzio apostolico dalle celebrazioni ufficiali. Ma è ieri che la Santa Sede ha scelto di esplicitare ancor meglio il suo pensiero su Pio XII. «Liberi da pregiudizi si può riconoscere la grandezza e la completezza della figura di Papa Pacelli, la sua umanità e rivalutare il suo intero magistero». Parole del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano in occasione della presentazione della nuova biografia sul pontefice, Pio XII. Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro del vaticanista del Giornale Andrea Tornielli.

Un Papa moderno, secondo quanto emerge dal libro e da quanto sottolineato dagli altri esperti presenti. Addirittura ispiratore del Concilio Vaticano II per padre Peter Gumpel, il postulatore della sua causa di beatificazione. Rimane ancora controverso, però, il modo in cui sia nata la «leggenda nera». Per lo storico e fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi bisogna risalire agli anni Sessanta, all’inizio del Concilio e alla pubblicazione della pièce teatrale «Il Vicario» di Rolf Hochuth. Per Bertone, invece, la «leggenda nera» va fatta risalire alla questione palestinese. A quando il pontefice scelse l’equidistanza tra i due popoli sottolineando anche i diritti di chi in «quella terra ci viveva ed era meritevole di attenzione. Successivamente l’ideologia di quel periodo ha fatto il resto e pochissima attenzione è stata data ai ragionamenti del Papa».

D’altronde non sono pochi i documenti, presenti anche nella nuova biografia, che attestano l’aiuto dato dal Vaticano agli ebrei e ai perseguitati durante l’occupazione nazista. «Nel 1943 - il particolare inedito rivelato da Bertone - il Vaticano chiese ai tedeschi di poter assumere più di 4.000 nuove guardie palatine. E il ghetto ebraico era a due passi dal Vaticano».

Stesse riflessioni per il senatore a vita Giulio Andreotti che conobbe da vicino Pio XII in gioventù: «È stata una personalità complessa che ha dovuto far fronte a difficoltà terrificanti. La stessa Golda Meir quando la incontrai all’epoca fece elogi straordinari al pontefice. Ne era assolutamente affascinata».

Fonte: IlGiornale.it

Jolie: "Poco tempo e tanti figli"

Angelina Jolie rilascia un'intervista intima al mensile Marie Claire e tutti si affrettano a rubarne stralci. L'attrice, che ha accompagnato Brad Pitt alla presentazione del film "Ocean's 13" e che uscirà a novembre con "A Mighty Heart", versione cinematografica della triste vicenda di Marianne Pearl, vedova di Danny Pearl, ha parlato a ruota libera. Di Brad, di sesso, di nudità, di lavoro e dei 4 figli: Mad, Zahra, Shiloh e Pax.


Quattro figli già in casa, più un quinto in arrivo sono un bell'impegno. "Io e Brad - ha dichiarato la Jolie, - abbiamo fiducia. La nostra famiglia è cresciuta rapidamente, ci sono responsabilità, sappiamo che siamo fortunati ad essee l'uno per l'altra quello che avevamo sperato. Avremmo potuto fallire, ma ogni sfida che affrontiamo ci unisce di più". Tuttavias, il menage di coppia spesso non va d'accordo con il superimpegno con la prole. Avere per casa Maddox (5 anni), Pax (3), Zahara (2) e Shiloh (di un anno, l'unica figlia naturale della coppia), e preparandosi ad adottare un bambino della repubblica ceca, i "Brangelina" si stanno dando da fare per trovare un po' di tempo per stare insieme. Ci stiamo lavorando, ci stiamo lavorando".


L'ex Lara Croft spiega che a ogni bimbo va dedicato un po' di tempo individualmente: "Shiloh - racconta - ha la nostra attenzione quando gli altri sono a scuola, mentre Mad è quello che rimane in piedi più tardi la sera, quindi a lui ci dedichiamo dopo cena. Durante il giorno invece vado a fare una passeggiata o qualcos'altro con Pax o Zahara". Pochi quindi i minuti che restano da dedicare a Pitt che, a Cannes, è apparso particolarmente frastornato. Fortunatamente Angelina, tra un film e l'altro, si occupa anche delle faccende burocratiche. Ha fatto avanti e indietro fra il Canada e Praga per seguire la nuova adozione e nel frattempo si è anche data da fare per cambiare il nome dell'ultimo arrivato Pax da Jolie a Jolie-Pitt. Tanto per non far sentire Brad troppo lontano dagli affari di famiglia.

Fonte: TGCOM