“Siamo consapevoli che la decisione di collocare Google in fondo alla nostra classifica ha molte probabilità di apparire controversa. Ma nel corso della nostra ricerca abbiamo trovato nell’approccio di questa azienda carenze e punti di ostilità verso la privacy in numero maggiore di quanto avvenga per le altre organizzazioni prese in esame”.
Grande clamore negli Usa per la valutazione negativa formulata dall’organizzazione Privacy International sul rispetto della riservatezza da parte di Google. Le critiche sono state “notificate” dall’organizzazione con una lettera aperta a Eric Schmidt, amministratore delegato della società di Brin e Page. L’azienda ha già risposto che “nel rapporto si riscontrano numerose incomprensioni e mancanze di accuratezza nell’esame dei nostri servizi”.
Se Google è ultima però, per Privacy International non ci sono molti virtuosi in materia: “Mentre potrebbe esservi la tentazione di concentrare le critiche sul comportamento di Google, bisogna dire che nessuna delle aziende prese in esame ha raggiunto un livello “verde”, di piena soddisfazione dal punto di vista del rispetto della privacy”.
Ma nonostante questa cautela espositiva, è pur vero che PI ha compilato una classifica di rispetto della riservatezza ed ha collocato la Grande G in fondo alla graduatoria. Alcune fra le osservazioni riguardano il lungo periodo di conservazione dei dati relativi alla navigazione e la memorizzazione dei dati relativi alle ricerche effettuate, che l’utente non può cancellare o modificare. Altro addebito è che agli utenti di vari servizi legati al motore (Google maps, video, reader, blogger ed altri) non viene data la possibilità di verificare i log, cioè le registrazioni, relative al loro uso di questi servizi.
Qui il testo del rapporto di Privacy International (inglese) e questa la classifica con le diverse valutazioni delle aziende (in formato pdf).
La BBC fa della questione un quadro assai equanime, mentre non mancano le appassionate e tecnicamente argomentate difese di Google. Una di queste difese fa notare, lo fa Wired, che alcuni dei membri dell’organizzazione che ha formulato gli addebiti avrebbero rapporti di consulenza con Microsoft e citano il giudizio relativamente positivo che la relazione conclusiva dedica alla casa di Bill Gates.
Insomma la guerra è ormai partita e difficilmente si fermerà.
Purtroppo tutto questo materiale è in inglese, in fondo al post è possibile trovare in italiano qualche riferimento a questioni connesse.
Il rapporto di PI si conclude con un’esortazione e una speranza: “Vi sono tutti i requisiti tecnologici per garantire la privacy degli utenti e il mercato sembra premiare i siti che trattano i propri utenti in modo rispettoso. Speriamo di poter riscontrare nella classifiche del 2008 l’applicazione di questa potenzialità tecnologica”.
Ecco l’elenco (non la classifica) delle aziende o organizzazioni prese in esame da PI
- Amazon
- AOL
- Apple
- BBC
- Bebo
- eBay
- Facebook
- Friendster
- Google
- Hi5
- Last.fm
- LinkedIn
- LiveJournal
- Microsoft
- Myspace
- Orkut
- Reunion.com
- Skype
- Wikipedia
- Windows Live Space
- Xanga
- Yahoo!
- YouTube
Riferimenti d’archivio:
Google sulla propria politica di riservatezza (Italiano)
L’Unione Europea contro Google sulla privacy (ita)
Fonte:
La Repubblica BLOG
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