martedì 12 giugno 2007

Donne fertili più a lungo con la proteina salva-ovuli

E se si arrivasse alla pillola per allungare il periodo di fertilità femminile? Per ritardare, forse, l’arrivo d e l l a menopausa? Un’équipe di ricercatori inglesi è convinta di aver trovato la soluzione e sta mettendo a punto un medicinale proteggi-ovuli che potrebbe permettere alle donne di avere figli in età più avanzata. Del tutto naturalmente. Insomma, sarebbe stato trovato il modo di spostare indietro le lancette dell’orologio biologico della fecondità. Il che, considerando l’efficacia anti-aging dei cicli ormonali femminili, potrebbe anche dare salute e gioventù agli anni.

Come? Alla base del possibile farmaco—pillola o iniezione che sia — c’è una proteina, identificata dai ricercatori dell’Imperial College di Londra guidati dal sessantasettenne Lord Robert Winston, in grado di estendere il «ciclo vitale» degli ovuli femminili. Una molecola «fertilizzante», la cui produzione comincia a diminuire diversi anni prima del sopraggiungere della menopausa.

L’annuncio è stato dato al Festival della scienza di Cheltenham. Spiega Lord Winston, eclettico scienziato (baronetto dal 1995) e star della Bbc: «Le donne perdono circa due ovuli ogni ora: se all’età di 16 anni ne possiedono circa 400.000, a 46 anni nella maggior parte dei casi non n’è rimasto più alcuno attivo. La proteina servirebbe proprio a impedire la perdita eccessiva di un così alto numero di ovuli». In realtà gli ovuli ci sono, ma sono «virtuali»: la loro maturazione perde i colpi con l’età. «Con la fertilizzazione artificiale — dice Giovanni Battista La Sala, primario ginecologo dell’Arcispedale di Reggio Emilia e «padre» di 1.500 bimbi in provetta — una quarantenne ha il 10-20 per cento di probabilità di avere un figlio, che diventano quasi zero a 45 anni ».

Molto prima della menopausa (47-54 anni in media) quindi, anche se nel caso dei centri anti-sterilità si parla di donne che hanno comunque dei problemi o vogliono la certezza di mettere al mondo un bimbo sano. I 38 anni di mamma Brooke Shields sono considerati il limite accettabile dagli specialisti della fecondazione in vitro. Non mancano certo i casi di donne ultraquarantacinquenni diventate mamme naturalmente. Oi record delle mamme- nonne grazie all’inseminazione artificiale: l’italiana Rosanna Della Corte a 63 anni, la romena Adriana Iliescu a 67. Età a cui potrebbe tendere l’evento menopausa se la proteina di Winston funzionasse davvero nel preservare gli ovuli e la fertilità oltre i limiti attuali: una decina d’anni in più le attese, scaramanticamente tenute nascoste dai ricercatori. Silenzio sulle ricerche in corso, anche per motivi di «segreto industriale».

La ricaduta del futuro farmaco, infatti, potrebbe rivelarsi un vero business in un’epoca in cui le donne tendono ad avere figli sempre più avanti nell’età cercando di combinare carriera e famiglia. Se nel 1986 la massima fecondità (nascite in base alle classi di età) si aveva tra i 25 e i 29 anni, nel 2006 ha toccato i 30-34 anni. Secondo le più recenti statistiche mondiali, infatti, il numero di quarantenni che si sono sottoposte alla fecondazione artificiale è aumentato di oltre 10 volte negli ultimi 15 anni. «Ricevono un’istruzione e si costruiscono una carriera. Ma la biologia è contro di loro—conclude Lord Winston —.Ofacciamo in modo che possano istruirsi e crescere i figli allo stesso tempo, oppure proviamo a utilizzare il sapere scientifico per estendere il ciclo vitale degli ovuli. Quello che tenteremo di fare noi partendo dalla proteina identificata ».

Fonte: Corriere della Sera

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Google, ultimo in privacy

“Siamo consapevoli che la decisione di collocare Google in fondo alla nostra classifica ha molte probabilità di apparire controversa. Ma nel corso della nostra ricerca abbiamo trovato nell’approccio di questa azienda carenze e punti di ostilità verso la privacy in numero maggiore di quanto avvenga per le altre organizzazioni prese in esame”.

Grande clamore negli Usa per la valutazione negativa formulata dall’organizzazione Privacy International sul rispetto della riservatezza da parte di Google. Le critiche sono state “notificate” dall’organizzazione con una lettera aperta a Eric Schmidt, amministratore delegato della società di Brin e Page. L’azienda ha già risposto che “nel rapporto si riscontrano numerose incomprensioni e mancanze di accuratezza nell’esame dei nostri servizi”.

Se Google è ultima però, per Privacy International non ci sono molti virtuosi in materia: “Mentre potrebbe esservi la tentazione di concentrare le critiche sul comportamento di Google, bisogna dire che nessuna delle aziende prese in esame ha raggiunto un livello “verde”, di piena soddisfazione dal punto di vista del rispetto della privacy”.

Ma nonostante questa cautela espositiva, è pur vero che PI ha compilato una classifica di rispetto della riservatezza ed ha collocato la Grande G in fondo alla graduatoria. Alcune fra le osservazioni riguardano il lungo periodo di conservazione dei dati relativi alla navigazione e la memorizzazione dei dati relativi alle ricerche effettuate, che l’utente non può cancellare o modificare. Altro addebito è che agli utenti di vari servizi legati al motore (Google maps, video, reader, blogger ed altri) non viene data la possibilità di verificare i log, cioè le registrazioni, relative al loro uso di questi servizi.

Qui il testo del rapporto di Privacy International (inglese) e questa la classifica con le diverse valutazioni delle aziende (in formato pdf).

La BBC fa della questione un quadro assai equanime, mentre non mancano le appassionate e tecnicamente argomentate difese di Google. Una di queste difese fa notare, lo fa Wired, che alcuni dei membri dell’organizzazione che ha formulato gli addebiti avrebbero rapporti di consulenza con Microsoft e citano il giudizio relativamente positivo che la relazione conclusiva dedica alla casa di Bill Gates.

Insomma la guerra è ormai partita e difficilmente si fermerà.

Purtroppo tutto questo materiale è in inglese, in fondo al post è possibile trovare in italiano qualche riferimento a questioni connesse.

Il rapporto di PI si conclude con un’esortazione e una speranza: “Vi sono tutti i requisiti tecnologici per garantire la privacy degli utenti e il mercato sembra premiare i siti che trattano i propri utenti in modo rispettoso. Speriamo di poter riscontrare nella classifiche del 2008 l’applicazione di questa potenzialità tecnologica”.

Ecco l’elenco (non la classifica) delle aziende o organizzazioni prese in esame da PI

  • Amazon
  • AOL
  • Apple
  • BBC
  • Bebo
  • eBay
  • Facebook
  • Friendster
  • Google
  • Hi5
  • Last.fm
  • LinkedIn
  • LiveJournal
  • Microsoft
  • Myspace
  • Orkut
  • Reunion.com
  • Skype
  • Wikipedia
  • Windows Live Space
  • Xanga
  • Yahoo!
  • YouTube

Riferimenti d’archivio:

Google sulla propria politica di riservatezza (Italiano)

L’Unione Europea contro Google sulla privacy (ita)

Fonte: La Repubblica BLOG

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Oggi "Giornata lotta dei pensionati"

«E' ormai scaduto il tempo per il governo: siamo in attesa di risposte concrete a milioni di pensionati e di anziani non autosufficienti che non riescono ad ottenere garanzie per una vita dignitosa e serena». Lo ha dichiarato Mario Menditto della Fnp Cisl alla vigilia delle manifestazioni organizzate dai Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uil-pensionati contro il disagio sociale ed economico dei pensionati. La giornata di lotta prevede, cortei a Firenze, a Bologna e a Napoli, mentre a Roma un grande concentramento a piazza santi apostoli. In tutte le altre province sono previsti sit-in, incontri con i cittadini, e le autorità politiche.

Al governo i pensionati chiedono un impegno più concreto nella rivalutazione delle pensioni e nell’approvazione della legge nazionale a sostegno delle persone non auto sufficienti e delle loro famiglie. Secondo un’indagine dell’istat il 31% dei pensionati percepisce un importo compreso tra 500 e 1. 000 euro, il 24% meno di 500 euro, il 23% un importo compreso tra 1. 000 e 1. 500 euro, il restante 22% supera i 1. 500 euro mensili. I pensionati, nel 2005 erano 16, 5 milioni, di cui 53% donne, anche se gli uomini assorbono il 56% del reddito da pensione complessivo.

In media annua 16 mila euro per gli uomini, 11 mila per le donne. nel 2005 il nostro paese ha speso 215 miliardi di euro, pari al 15, 2% (+0, 2 punti percentuali rispetto al valore dell’indicatore calcolato per il 2004) del pil, per le prestazioni pensionistiche, previdenziali e assistenziali. Il numero di prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali è pari a 23, 3 milioni, per un importo medio annuo di poco più di 9 mila euro, con un massimo per le pensioni di vecchiaia (quasi 12 mila euro) e un minimo per le pensioni di guerra (meno di 4 mila euro).

Fonte: La Stampa

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La genetica manda in pensione il Pap-test

La genetica entra di diritto nella prevenzione di uno dei tumori femminili più diffusi, quello del collo dell’utero, mettendo in ombra il vecchio test di Papanicolaou. L’ultimo ritrovato, l’Hpv, esame genetico per individuare la presenza del papillomavirus responsabile di questo tipo di cancro, potrebbe essere passato dal Servizio sanitario nazionale, sempre che le Regioni lo mettano nei loro programmi. «E’ indubbio - sostiene Ignazio Marino, presidente della Commissione sanità del Senato - che se c’è uno strumento in grado di prevenire la malattia, quello va privilegiato». Il senatore ha ben presenti i forti ritardi del nostro Paese. «Tutti affermano, a livello internazionale, che almeno il 10% delle risorse pubbliche dovrebbe essere investito in pratiche di prevenzione e noi in Italia siamo un po’ indietro, al di sotto del 5% degli investimenti». Ma qualcosa si sta muovendo. Marino assicura che «anche per questo nuovo test ci sarà un impegno determinante, così da offrirlo a tutte le donne italiane».

Di recente, sul Journal of National Cancer Institute e su Lancet Oncology sono stati pubblicati i primi risultati di uno studio italiano multicentrico che conferma come l’ Hpv sia più sensibile del Pap-test nell’individuare situazioni a rischio. La ricerca è stata condotta in 9 Centri (Bologna, Firenze CSPO, Imola, Padova, Ravenna, Torino, Trento, Verona e Viterbo) e ha coinvolto circa 45 mila donne. Ieri la presentazione ufficiale del progetto pilota che riguarderà la più grande Asl italiana, per verificare l’utilità preventiva del test. Per la prima volta al mondo, a Guidonia (RmG) si sperimenterà l’esame del Dna su una popolazione di 26 mila donne.

Come funziona? Si preleva un campione di cellule dal collo dell'utero con uno spazzolino, proprio come per il Pap-Test. Lo spazzolino viene poi immerso in un liquido di conservazione per essere trasportato al laboratorio dove verrà analizzato.

Questa indagine in futuro potrebbe sostituire il Pap-test, dimezzando sia il numero di esami ai quali ogni donna deve sottoporsi nel corso della propria vita sia quello delle donne che ricorre a colposcopia, eliminando indagini inutili causate, oggi, da risultati erroneamente positivi.

Il nuovo test è più sensibile perché individua la presenza del virus anche quando questo non ha ancora prodotto lesioni precancerose, quindi intercetta più donne a rischio rispetto al vecchio metodo. Gli specialisti sono giunti alla conclusione che è in grado di rilevare la presenza di lesioni precancerose con una sicurezza del 96-97%.

Fonte: La Stampa


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