Abortisce il pillolo maschile
L’avevano chiamato pillolo anche se era un’iniezione, affinché fosse subito chiaro che cos’era e a che cosa serviva: un contraccettivo ormonale maschile. Dopo quarant’anni di alti e bassi, entusiasmi e frenate, ieri è arrivato l’annuncio che la ricerca viene definitivamente interrotta. La casa farmaceutica Bayer chiude il reparto andrologia della Schering - acquisita un anno fa e specializzata in prodotti per il controllo delle nascite - e lo fa con un comunicato di una sola riga: «Non proseguiremo le ricerche sulla pillola maschile». I test erano condotti insieme alla casa fermaceutica olandese Organon, ma già alla fine dell’anno scorso, concluso l’ultimo studio comune, le direzioni avevano deciso di andare ognuno per la sua strada.
Bayer Schering Pharma non ha dato spiegazioni ufficiali, ma le ragioni del fallimento sono note: il pillolo non ha mercato. Il livello di accettazione, secondo gli ultimi sondaggi, è basso: in Germania, appena il 17 per cento. Trent’anni fa, quando partirono i primi studi, due maschi su tre si erano detti interessati. Non sapevano esattamente di che si trattasse, e quindi avevano dato un’adesione generica. Ora che tutto è più chiaro, l’hanno ritirata. Neppure le donne, comunque, sono entusiaste: preferiscono tenere per sé il controllo delle nascite, non si fidano né del prodotto né del maschio.
Per gli uomini, il problema numero uno è la complessità del farmaco. La produzione degli spermatozoi viene bloccata con un mix di progesterone e testosterone che vengono somministrati non in un’unica pillola - verrebbe subito disintegrata nello stomaco -, ma in due procedimenti: un impianto sottocute nel braccio per l’ormone femminile e un’iniezione ogni dieci settimane per quello maschile. Il risultato non è comunque del tutto soddisfacente: c’è un 20 per cento di rischio-gravidanza.
Poi ci sono gli effetti collaterali. Quello più sgradevole - ha raccontato il giornalista-cavia Clint Witchalls nel suo diario «La pillola e io», appena uscito in Germania - è un’oscillazione dell’umore che va dall’aggressività adolescenziale delle prime settimane dopo l’iniezione di testosterone a una depressione irritata nelle ultime due. Infine c’è il fantasma del desiderio e della potenza: calano o reggono? «Per bloccare la produzione di spermatozoi occorre bloccare tutto il meccanismo che sta dietro, eccitazione compresa - spiegava già anni fa il professor Aldo Isidori, che con la sua clinica all’Università La Sapienza di Roma partecipava ai primi test -. Prevedo una forte riluttanza». Non si sbagliava: la paura di perdere la virilità è stata più forte delle rassicurazioni della scienza.
Fonte: Il Giornale.it
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