martedì 12 giugno 2007

La genetica manda in pensione il Pap-test

La genetica entra di diritto nella prevenzione di uno dei tumori femminili più diffusi, quello del collo dell’utero, mettendo in ombra il vecchio test di Papanicolaou. L’ultimo ritrovato, l’Hpv, esame genetico per individuare la presenza del papillomavirus responsabile di questo tipo di cancro, potrebbe essere passato dal Servizio sanitario nazionale, sempre che le Regioni lo mettano nei loro programmi. «E’ indubbio - sostiene Ignazio Marino, presidente della Commissione sanità del Senato - che se c’è uno strumento in grado di prevenire la malattia, quello va privilegiato». Il senatore ha ben presenti i forti ritardi del nostro Paese. «Tutti affermano, a livello internazionale, che almeno il 10% delle risorse pubbliche dovrebbe essere investito in pratiche di prevenzione e noi in Italia siamo un po’ indietro, al di sotto del 5% degli investimenti». Ma qualcosa si sta muovendo. Marino assicura che «anche per questo nuovo test ci sarà un impegno determinante, così da offrirlo a tutte le donne italiane».

Di recente, sul Journal of National Cancer Institute e su Lancet Oncology sono stati pubblicati i primi risultati di uno studio italiano multicentrico che conferma come l’ Hpv sia più sensibile del Pap-test nell’individuare situazioni a rischio. La ricerca è stata condotta in 9 Centri (Bologna, Firenze CSPO, Imola, Padova, Ravenna, Torino, Trento, Verona e Viterbo) e ha coinvolto circa 45 mila donne. Ieri la presentazione ufficiale del progetto pilota che riguarderà la più grande Asl italiana, per verificare l’utilità preventiva del test. Per la prima volta al mondo, a Guidonia (RmG) si sperimenterà l’esame del Dna su una popolazione di 26 mila donne.

Come funziona? Si preleva un campione di cellule dal collo dell'utero con uno spazzolino, proprio come per il Pap-Test. Lo spazzolino viene poi immerso in un liquido di conservazione per essere trasportato al laboratorio dove verrà analizzato.

Questa indagine in futuro potrebbe sostituire il Pap-test, dimezzando sia il numero di esami ai quali ogni donna deve sottoporsi nel corso della propria vita sia quello delle donne che ricorre a colposcopia, eliminando indagini inutili causate, oggi, da risultati erroneamente positivi.

Il nuovo test è più sensibile perché individua la presenza del virus anche quando questo non ha ancora prodotto lesioni precancerose, quindi intercetta più donne a rischio rispetto al vecchio metodo. Gli specialisti sono giunti alla conclusione che è in grado di rilevare la presenza di lesioni precancerose con una sicurezza del 96-97%.

Fonte: La Stampa


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