mercoledì 30 maggio 2007

Reality: primo premio un rene nuovo

La dura legge dei reality vince sempre . Ora, rigorosamente in diretta e con l’aiuto del pubblico, una donna malata di tumore in uno stadio terminale dovrà scegliere a chi donare il suo rene tra tre possibili candidati. Il format è stato prodotto in Olanda dalla Endemol, fresca di acquisizione da parte dell’Italiana Mediaset. Sarà davvero mandato in onda o è solo una provocazione? Interverrà un garante o un comitato etico a decidere se e come questo programma potrà essere diffuso nell’etere?

Alla notizia, trapelata nella giornata di ieri, hanno fatto eco oggi numerosi commenti sulla stampa nazionale. In questa forte attenzione da parte dei mass media italiani vi è la comune preoccupazione che questo tipo di format, come molti della Endemol, possa arrivare anche in Italia; ma più ancora c’è la consapevolezza di camminare su un confine labile. La scarsità degli organi per i trapianti e la cultura della donazione che fa fatica a decollare è uno dei problemi più gravi per i pazienti e per la sanità. Nel mondo a fronte di tecniche di trapianto migliori che aumentano la riuscita delle operazioni, rimane una carenza di disponibilità di organi a cui spesso si risponde intraprendendo le strade più disparate dove la disperazione e, spesso, l’illegalità la fa da padrona.

Il caso del reality olandese, battezzato donorshow, è l’ultimo di una lunga serie che passa attraverso la vendita di organi, la contrattazione privata tra persone che liberamente vogliono vendere un proprio organo, la legalizzazione in alcuni paesi di questo tipo di trattative. Molti degli opinionisti che oggi firmano i loro interventi sui quotidiani nazionali e internazionali sostengono che, al di là delle ovvie implicazioni etiche che questo programma o che l’approccio alla malattia porta con sé, gli autori del format televisivo abbiano voluto lanciare una provocazione con lo specifico intento di sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della donazione degli organi.

Ma la provocazione non è più una scusa. Non lo è per chi la fa e non lo è per chi la accetta. Non spetta ad un format televisivo sollevare il problema delle donazioni così come non spetta ai mass mediologi di spiegare la dinamica comunicativa dietro ad approcci estremi quando si parla di salute, di vita e di morte. Questo clamore nuoce a chi quotidianamente si impegna per essere la goccia che buca il sasso; le associazioni dei pazienti, i medici, i trapiantologi, le istituzioni hanno un approccio al problema più organico e complesso che non è proporzionale alla loro visibilità. Non sempre la visibilità paga. Una nota: sulle pagine dei quotidiani italiani non vi sono interviste al garante delle telecomunicazioni, a medici, a bioeticisti. Un’opinione su questo programma è stata chiesta a uomini e donne di televisione esperti in reality show: un mondo che si autoalimenta e che, nei giudizi, non coglie quale sia il punto della discussione. La donazione di un organo è un percorso regolamentato per legge e che deve rispondere anche a una compatibilità non solo fisica. Non vi è modo, al di fuori del mondo della sanità, di affrontare questa esperienza in modo corretto sia per il ricevente che per le famiglie coinvolte. A volte spegnere la tv è il passo più intelligente da fare.

Fonte: Yahoo Notizie Italia

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