giovedì 26 aprile 2007

Iraq: Il Senato Usa chiede il ritiro entro marzo 2008

Dovrebbe andare al voto oggi al Senato Usa il provvedimento licendiato ieri sera dai deputati del Congresso che sfida il presidente Bush fissando una data, per quanto non vincolante, del ritiro delle truppe americane dall'Iraq.

È chiaro che il disegno di legge approvato dalla nuova maggioranza parlamentare democratica può essere aggirato dal capo della Casa Bianca. Il presidente ha già più volte annunciato che se approvata la legge, porrà il veto. E lo farà oggi stesso, in caso di approvazione anche della Camera alta, ma in termini politici i Democratici costringono il leader Repubblicano a utilizzare al massimo le sue prerogative, producendo uno strappo difficilmente componibile in termini di buoni rapporti e collaborazione bipartisan. Il presidente dovrà cancellare il disegno di legge democratico e proporne comunque uno suo sullo stesso argomento: le missioni militari statunitensi in Iraq e Afghanistan.

È chiaro il guanto di sfida che il Congresso federale americano ha lanciato il a George W. Bush e alla sua amministrazione e, ignorandone la più volte reiterata minaccia di opporre il veto presidenziale. Il disegno di legge parlamentare autorizza lo stanziamento di 124 miliardi di dollari in fondi di emergenza destinati al finanziamento delle operazioni militari in Iraq e in Afghanistan, subordinandone tuttavia la concreta elargizione alla fissazione di una scadenzario per la fine della campagna bellica irachena: più precisamente, il ritiro delle truppe statunitensi dal Paese arabo dovrà iniziare dal prossimo ottobre. Nel provvedimento viene inoltre fissata per quanto con indicativo, la data del ritiro del grosso del contingente militare entro e non oltre il 31 marzo 2008. Il testo è stato licenziato alla Camera bassa - il Congresso - con 218 voti a favore e 208 contrari, enfatizzando come non mai la spaccatura tra democratici e repubblicani che ormai divide nettamente il Parlamento di Washington, dopo la vittoria dei primi nelle elezioni di medio termine dello scorso 8 novembre, che li ha visti riconquistare la maggioranza dopo ben dodici anni.

La portavoce della Casa Bianca, Dana Perino, ha subito liquidato l'iniziativa del Congresso come un «voto per il fallimento in Iraq», attraverso l'approvazione di «una legge deludente», che «insiste su una data per la resa, lega le mani ai nostri generali e prevede spese per miliardi di dollari che non sono legate alla guerra». Il presidente, ha avvertito Perino, «porrà il veto» al testo approvato dai deputati, e adesso non vede l'ora che esso passi anche al vaglio del Senato.

A niente sembra servita l'opera di convincimento del generale David Petraeus, comandante delle truppe americane in Iraq, inviato da Bush alla vigilia del voto al Congresso per una serie di incontri a porte chiuse con i parlamentari della Camera e del Senato per convincerli a non approvare una legge con un termine per la permanenza dei soldati statunitensi in Iraq.L'argomento principale del generale è che la nuova strategia americana in Iraq, con il rafforzamento delle truppe Usa e irachene a Baghdad e altrove, è giunta solo a metà strada. Soltanto a settembre sarà possibile vedere se il piano funziona o meno. Secondo il presidente Bush è già possibile vedere segni di progresso nella capitale, con la diminuzione della violenza settaria; ma gli attentati di Al Qaida con le auto imbottite di esplosivo cercano di mascherare questa realtà proiettando una immagine di caos e di anarchia. «Date al piano una possibilità di funzionare», ha detto l'inquilino della Casa Bianca, «finora sono giunti solo metà dei rinforzi previsti».

La legge approvata dalla Camera e ora al vaglio del senato si occupa anche dello spinoso nodo dei fondi stanziati dall'amministrazione Bush per portare avanti le guerre in Iraq e in Afghanistan. Nell'ambito di uno stanziamento complessivo per le missioni militari all' estero di circa 124 miliardi di dollari, contiene clausole che prevedono una diminuzione delle truppe americane a partire dal prossimo mese di ottobre ed il rimpatrio della grande maggioranza di esse entro aprile 2008, quando i soldati americani non dovranno essere più impegnati in missioni di combattimento ma solo di addestramento delle forze di sicurezza irachene. Dopo tale scadenza i militari potranno essere impiegati solo per proteggere i cittadini americani in Iraq e per specifiche e mirate operazioni antiterrorismo.

Il presidente Bush ha spiegato che metterà il veto alla legge, dopo che sarà approvata anche dal Senato e giungerà sulla sua scrivania, perché l'introduzione di «date arbitrarie» per il rimpatrio delle truppe americane «lega le mani ai generali» e «avvantaggia il nemico». La Casa Bianca accusa di «disfattismo» la maggioranza democratica del Congresso e in particolare nel mirino della amministrazione Bush è finito il leader dei senatori democratici Harry Reid, che sostiene che la Guerra in Iraq «è ormai perduta». Reid ha cominciato negli ultimi giorni a tracciare sempre più pungenti paralleli tra la Guerra del Vietnam e quella in Iraq, e tra il presidente Lyndon B. Johnson e Bush.

Una commissione della Camera ha chiesto intanto al segretario di Stato Condoleezza Rice di testimoniare sotto giuramento al Congresso sulla vicenda del Nigergate, uno dei risvolti più torbidi degli antefatti che portarono alla decisione di avviare la guerra in Iraq e rovesciare il regime di Saddam Hussein per il timore che Baghdad fosse in possesso di armi di sterminio. Ma la Rice ha fatto sapere che non intende testimoniare avvalendosi del privilegio del potere esecutivo: «Questo è un tipo di argomento protetto da una prerogativa dell'esecutivo», specie per quanto riguarda le conversazioni tra la Rice, all'epoca dei fatto consigliere per la Sicurezza nazionale, e il presidente Bush.

Comunque, secondo un recente sondaggio per la tv Nbc -la più diffusa negli Usa - la maggioranza degli americani desidera una data di ritiro delle truppe dall'Iraq. Il 56% degli interrogati, secondo il sondaggio Nbc, si dicono d'accordo con la posizione dei democratici di fissare un calendario per il rimpatrio delle truppe dall'Iraq.

Fonte: L'Unità

Nessun commento: