giovedì 15 marzo 2007

Battaglia tra italiani e talebani

Insieme agli spagnoli, i nostri hanno risposto agli spari dei ribelli

Ci troviamo in Afghanistan in missione di pace o in realtà stiamo combattendo? L'interrogativo torna ad attraversare il mondo politico italiano e arroventa l'attesa del voto per il rifinanziamento della missione. Si è saputo che truppe italiane e spagnole sono state attaccate da taleban provenienti dalla provincia di Helmand: i nostri hanno risposto al fuoco. Non si hanno notizie di vittime né è possibile valutare pienamente l’intensità dello scontro. Certo è stato una sorta di battesimo di fuoco per il nostro contingente, seppure, come fanno notare a Roma, per motivi di autodifesa.

Il primo a dare la notizia è stato «El Pais», seguito da una serie di note diffuse nelle ore successive dall'agenzia di stampa spagnola «Efe»: un paio di giorni fa italiani e spagnoli avrebbero debuttato nell’operazione «Achilles», la grande e ancora misteriosa offensiva che truppe Nato ufficialmente composte solo da reparti inglesi, olandesi e americani stanno svolgendo nel Sud.

Secondo fonti giornalistiche confermate dal ministero della Difesa di Madrid, e ufficiosamente da fonti del ministero della Difesa di Roma, sezioni dei contingenti italiano e spagnolo hanno preso parte all'operazione d'intervento per «impermeabilizzare» il confine Nord e Ovest delle provincie di Herat e Farah. Per impedire che gruppi di taleban in fuga dalla zona calda dei combattimenti, ripieghino sulla zona, più tranquilla, controllata da italiani e spagnoli.

In casi come questi la semantica è decisiva: «partecipare» significa essere inseriti a pieno titolo in un intervento militare di tipo offensivo com'è l'operazione «Achilles», un rastrellamento che a quanto pare si sta rivelando anche particolarmente sanguinoso. Nonostante l'assoluto silenzio dei nostri comandi militari in Afghanistan, proviamo a vederci un po' più chiaro: le fonti spagnole riportano l'intervento con scarsa enfasi e ne riferiscono soltanto per spiegare come da queste parti le situazioni possano mutare velocemente. «El Pais» racconta semplicemente che nuclei taleban si stavano ritirando verso Nord e reparti ispano-italiani sono stati costretti a intervenire sparando per fermarli. Fonti anonime del ministero della Difesa italiano spiegano che i militari avrebbero risposto al fuoco soltanto dopo essere stati attaccati.

Lo confermano nel primo pomeriggio le dichiarazioni del vice ministro della Difesa italiano, Luigi Forcieri che dichiara alle commissioni Esteri e Difesa del Senato: «A seguito delle operazioni in corso nel Sud dell'Afghanistan è salito il livello d'attenzione in tutte le aree, e nella nostra zona è in corso una normale operazione per il controllo del territorio». Quindi una parte molto secondaria nell’«operazione Achilles», oppure nelle parole di Forcieri: un tentativo «di limitarne i riflessi». E a domanda il vice ministro risponde: «Non credo sia possibile che le nostre truppe possano partecipare ad attacchi contro taleban, terroristi o movimenti ribelli perché questo non è il loro compito».

A sera fonti del ministero della Difesa confermano ufficiosamente che alcuni reparti della «Brigata Sassari» sarebbero stati attaccati da gruppi taleban e dunque avrebbero risposto al fuoco e che fra contingenti schierati in regioni confinanti il coordinamento è indispensabile. Il vero problema, di difficile soluzione, rimane quello dell'indefinibile confine fra una missione umanitaria e il diritto alla difesa, anche aggressiva, dei suoi componenti.

Fonte: LaStampa.it

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