Bangkok: gli scienzati per «curare» il clima
Duemila delegati riuniti nella capitale tailandese per indicare ai governi le ricette da adottare contro il riscaldamento della terra.
BANGKOK - Un’atmosfera da bagno turco – 35° di temperatura, 80% di umidità, pioggia torrenziale e vapori densissimi – ha accolto duemila scienziati dell’IPCC, il gruppo di ricerca sul clima al servizio delle Nazioni Unite, venuti nella capitale tailandese per consegnare ai governi della Terra la terza parte del loro enciclopedico rapporto sui cambiamenti climatici. Per cinque giorni, da lunedì 30 aprile a venerdì 4 maggio, gli esperti dovranno mettersi d’accordo su un «pacchetto» di consigli operativi, indirizzati a premier e ministri di tutto il mondo, sui modi più efficaci per stabilizzare i gas serra, in altre parole per arrestare la continua ascesa delle emissioni che stanno riscaldando il pianeta e alterando il clima.
DUE LINEE STRATEGICHE - Le due precedenti parti del medesimo rapporto, concordate e presentate nei mesi scorsi dall’IPCC durante i summit di Parigi e a Bruxelles, hanno affrontato, rispettivamente, lo stato delle conoscenze scientifiche e le conseguenze dei cambiamenti climatici nelle varie aree del globo, affidando agli operatori politici alcuni avvertimenti ineludibili: l’uomo appare come il principale responsabile delle alterazioni climatiche evidenziatesi negli ultimi decenni; superati i due gradi di aumento delle temperature medie (già siamo a +1), e cioè dopo la metà del secolo, le conseguenze del riscaldamento globale saranno catastrofiche per le economie della maggior parte dei Paesi, soprattutto per quelli in via di sviluppo, e per tutte le specie viventi; per minimizzare i danni è indispensabile attrezzarsi con opere di difesa dagli estremi climatici (azioni di adattamento) e ridurre le emissioni dei gas serra (azioni di mitigazione).
MITIGAZIONE - Proprio quest’ultimo tema, la mitigazione: come attuarla nella pratica, è l’argomento del terzo rapporto in discussione a Bangkok. Cosa suggeriscono gli scienziati dell’IPCC? «Lasciateci lavorare tranquilli e abbiate pazienza fino a venerdì prossimo, quando, in una conferenza stampa, vi presenteremo il documento conclusivo», esorta il capo dell’IPCC Rajendra Pachauri, circondato da manifestanti e giornalisti, prima di inaugurare il vertice, che si svolge a porte rigorosamente chiuse, nella sede delle Nazioni Unite di Rajadamnoen Avenue. A prima vista sembrerebbe che l’argomento della mitigazione, di natura squisitamente tecnico-economica, possa essere affrontato con relativa serenità. Ma dalle prime battute della discussione già filtrano voci di controversie fra i delegati, oltre che i fogli di un documento infarcito di parentesi quadre (le tante parti su cui manca l’accordo). Il nodo è: fra le tante opzioni tecnologiche già disponibili o praticabili nei prossimi anni, quali hanno realmente il pregio di ridurre le emissioni dei gas serra e, nello stesso tempo, di non danneggiare in altro modo l’ambiente? Su questo interrogativo di fondo si moltiplicano le dispute.
Le tecnologie su cui si punta
NUCELARE O CARBONE? - L’opzione nucleare, per esempio, appare eccellente come modo di produzione di energia elettrica senza emissioni di anidride carbonica (il principale fra i gas serra). «Ma questa energia presenta altri gravi aspetti di insostenibilità dal punto di vista ambientale –obietta Wanun Permphibun, coordinatore tailandese del Climat Action Network-. Come gestire, soprattutto nei Paesi meno organizzati, scorie che conservano la loro carica di radioattività per decine di migliaia di anni?». Lo stoccaggio geologico dell’anidride carbonica potrebbe trasformare in impianti accettabili molte centrali a carbone che oggi intossicano l’atmosfera, ma alcuni (e fra questi anche dei consiglieri del ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio) bollano questa tecnologia come «un modo di mettere la spazzatura sotto il tappeto», col rischio che prima o poi possa ritornare in circolo nell’aria. «Una tesi da rigettare –secondo la geochimica Fedora Quattrocchi che, per conto dell’Istituto nazionale dei geofisica e vulcanologia, ha partecipato al progetto internazionale di stoccaggio della CO2 a Weiburn, Canada–. Infatti abbiamo dimostrato che questo gas può essere trasformato in roccia stabile all’interno della Terra». Insomma, la battaglia per definire i contenuti del paniere di opzioni tecnologiche adatte a ‘decarbonizzare’ la produzione energetica, industriale e agricola, è appena cominciata.
Fonte: Corriere della Sera
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