mercoledì 7 marzo 2007

Dolce e Gabbana “Donne scusateci ma non ci pentiamo”

L'Italia vieta la pubblicità choc. Gli stilisti: retrogradi

Dolce e Gabbana fanno ammenda. «Scusateci, non volevamo offendere proprio nessuno, tanto meno le donne. Le consideriamo regine e non manchiamo mai di dimostrarlo in tutte le nostre sfilate».

Gli stilisti non si apettavano di scatenare un tale scandalo con la loro pubblicità, che da un paio di giorni è stata vietata in tutta l'Italia. Così ha deciso il Comitato di Controllo, deputato dal Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Il provvedimento è scattato definitivamente l'altro ieri, dopo le numerose richieste di far sparire quell'immagine immortalata dal mago del clic Steven Klein, che mostra una donna a terra, bloccata per i polsi da un uomo a torso nudo, mentre altri tre ragazzi assistono alla scena.

Il manifesto spiega anche che la fotografia è stata ritenuta in netto contrasto con gli articoli 9 («violenza, volgarità, indecenza») e 10 («convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona») del codice di autodisciplina. «Abbiamo aderito alla richiesta del comitato di ritirare la campagna pubblicitaria date le polemiche che ha sollevato», dicono Dolce Gabbana e non si sottraggono alle spiegazioni di questa vicenda che da giorni fa discutere.

Le accuse sono durissime: sostengono che avete rappresentato la donna in modo svilente, come un oggetto di prevaricazione maschile. Anche senza espliciti riferimenti alla violenza fisica, l'atteggiamento passivo e inerme della protagonista evoca la scena di un sopruso. Siete pentiti?
«Le donne rappresentano il 61 per cento del nostro business. Noi le amiamo e siamo riamati da loro. Non pensavamo mai più di creare un putiferio del genere. Comunque non siamo pentiti e non facciamo retromarcia. Ci teniamo a sottolineare che quella è una foto artistica, che esprime passionalità, bellezza e anche erotismo. La donna nell'immagine non ha affatto un'aria sofferente. E' in circolazione dai primi di febbraio e nessuno si era lamentato. Cosa che in questi casi accade immediatamente con lettere e telefonate».

Quindi questo scandalo vi ha colto impreparati?
«Assolutamente sì. Comunque per una volta siamo riusciti a mettere d'accordo destra e sinistra, siamo meglio del governo (commentano ridendo ndr)».

Ma vi aspettavate una presa di posizione prima dalla Spagna, poi da 13 dei nostri senatori, dalla Cgil e anche da Amnesty International?
«Francamente no, ci ha scioccati. In particolare ci stupisce non poco che politici e sindacati facciano tanto rumore per una campagna pubblicitaria come la nostra, quando in realtà i veri problemi nel nostro Paese sono altri. Nessuno, però, se ne occupa. Ma questi signori sono mai entrati in un negozio di giocattoli, dove i video giochi incitano i bambini a massacrare i nemici? E' educativo questo? E sono educativi i reality show che ci propinano alla televisione? Oppure i “tronisti” di certi programmi tv? Lì sì che c'è violenza sulle donne».

Temete che domani, l'8 marzo, ci possano essere proteste e disordini davanti alle vostre boutique?
«La Cgil, anzichè far festa con i mazzi di mimose, dovrebbe raccontare come nasce l'8 marzo. Spiegando alle donne che si ricorda la morte di tutte quelle povere operaie bruciate nel rogo di una fabbrica tessile a New York, chiuse a chiave perchè non interrompessero neppure un minuto di lavorare, uscendo per una pausa...».

Per la prossima campagna pubblicitaria che cosa avete in mente? C'è da aspettarsi un altro scandalo di queste proporzioni?
«Come abbiamo già detto durante le sfilate di Milano potremmo fare il contrario, cioè fotografare un maschio sottomesso e circondato da un gruppo di donne... No... a parte le battute, nella nuova pubblicità vedrete un uomo con un pitone sul petto. La moda è cultura, sogno, arte. Se così non fosse, bisognerebbe anche chiudere il Louvre e la maggior parte dei musei del mondo. Peccato che i politici vedano il marcio dove non c'è. Noi siamo contro qualsiasi tipo di violenza. Questa polemica è retrograda, distoglie da altre realtà ben più gravi».

Pubblicato su Quotidiano.net

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